La scelta del luogo del parto

Scritto da il 17 apr, 2011 in La rubrica del babbo, Piccole impronte | 0 commenti

Può succedere di tutto. O meglio, può accadere tutto in maniera diversa da come avevamo immaginato o programmato. Il corso alle “Dieci Lune” ci aveva preparato soprattutto a questo: bisogna aspettare, ascoltare e assecondare qualcosa che non si può controllare, qualcosa che procede seguendo le decisioni (non è la parola giusta, ma non ne trovo una migliore) della creatura nella pancia, della mamma, qualcosa che si sviluppa secondo la loro relazione. Avevamo deciso di provare il parto in casa. Dico “avevamo”, però la mia posizione era piuttosto di seguire le indicazioni di Marta, la mia compagna: quello che andava bene per lei andava bene per me, nell’ambito delle possibili scelte ragionevoli.
Tra le scelte ragionevoli rientra secondo noi anche il parto in casa, anche se per considerarla ragionevole ci si deve informare e si deve riuscire a superare una pressione sociale fortissima che tende a farti sentire un criminale irresponsabile, un fricchettone assassino che ha più a cuore i propri capricci che la salute del nascituro.
Lo schema del ragionamento ansioso, che siamo costretti a subire, penso sia questo: “Se tutti nascono in ospedale, vuol dire che c’è bisogno di andare all’ospedale. Perché non vuoi andare in ospedale? E se succede qualcosa?”. L’abisso di disperazione e angoscia che si nasconde dietro il “Qualcosa che può succedere” mi fa ancora paura quando ci ripenso. E’ un abisso di ansia che si infrange contro le statistiche, che dimostrano, che il parto in casa è altrettanto sicuro, se non di più, del parto in ospedale. Ma l’ansia è ansia e non sente ragioni.
Piccolo particolare provinciale: nello scegliere mi ha rassicurato molto il fatto che in Olanda (ma era Olanda? o Svezia? boh!, insomma un Paese Avanzato) tutte le donne partoriscono a casa con assistenza ostetrica gratuita. Chi ha problemi va in ospedale. Se qualcuna vuole andare in ospedale pur non avendone bisogno, allora paga di tasca sua il ricovero (Ah, Beh, se lo fanno in Olanda allora…Io ho una innata e meridionale fiducia nei vichinghi).
Anna, la nostra prima figlia, è nata a casa e così Sergio due anni e mezzo dopo. Sono state due esperienze molto diverse, ma tutte e due bellissime.
Mauro Pezzini

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